L’articolo “Scientists’ warning on affluence“, pubblicato su Nature il 19 giugno 2020 mette in guardia i cittadini dei paesi sviluppati: il miglioramento tecnologico non è sufficiente ad assicurare la riduzione delle emissioni di CO2 e dello spreco di risorse, anzi finora si è accompagnato ad un trend di aumento dei consumi.
E’ fondamentale un cambiamento globale del modello economico e dello stile di vita delle popolazioni che hanno maggiore reddito e quindi maggiore accesso ai beni prodotti.
Riassunto
Per oltre mezzo secolo, la crescita mondiale della ricchezza ha determinato il continuo aumento del consumo delle risorse e delle emissioni di sostanze inquinanti, molto più rapidamente di quanto consumo ed emissioni siano stati ridotti attraverso il miglioramento tecnologico. I cittadini benestanti del mondo sono responsabili della maggior parte degli impatti ambientali. Il loro ruolo è centrale in ogni scenario che preveda il ripristino di condizioni ambientali più tutelanti.
In questo articolo presentiamo le osservazioni allo stato attuale ed i possibili approcci risolutivi. Qualsiasi transizione verso la sostenibilità potrà essere efficace solo se i progressi tecnologici saranno integrati da cambiamenti di stile di vita di vasta portata. Tuttavia, le società, le economie e le culture esistenti incitano tuttora all’espansione dei consumi, e l’imperativo strutturale della crescita nelle economie di mercato competitive inibisce il necessario cambiamento sociale.
Introduzione
Le recenti osservazioni degli scienziati confermano l’allarmante trend di degrado ambientale causato dall’attività umana, che sta portando a profondi cambiamenti nelle funzioni essenziali di sostentamento della vita sul Pianeta (1,2,3). Dalle osservazioni emerge che l’umanità non è riuscita a trovare soluzioni durature a questi cambiamenti, che minacciano drammaticamente sistemi naturali, economie e società, e che richiedono un’azione da parte di governi e individui.
Le osservazioni partono dalla descrizione appropriata dei problemi, identificano la popolazione, la crescita economica e la ricchezza come fattori trainanti di tendenze insostenibili, e riconoscono che l’umanità deve rivalutare il ruolo delle economie orientate alla crescita ed alla ricerca della ricchezza (1,2). Tuttavia, non riescono a identificare chiaramente le spinte che causano lo spreco e a precisare le misure necessarie per affrontare il potere schiacciante dei consumi e il paradigma della crescita economica (4).
Questo articolo sintetizza le conoscenze e le raccomandazioni della comunità scientifica. Fornisce le prove di letteratura che il consumo delle famiglie benestanti in tutto il mondo è di gran lunga il fattore più determinante e il più forte acceleratore degli impatti ambientali e sociali globali. Descrive le spinte sistemiche verso lo spreco e sintetizza le possibili soluzioni fornite dalla letteratura, che prevedono la riforma o la modifica dei sistemi economici. Gli approcci spaziano dalle soluzioni riformiste a quelle radicali, tra cui decrescita, eco-socialismo ed eco-anarchismo. Sulla base di questi approcci, nella sezione finale l’articolo formula le raccomandazioni per ulteriori ricerche.
La ricchezza come motore degli impatti ambientali e sociali
Il collegamento fra consumo ed impatti
Esiste un ampio corpus di letteratura in cui viene esaminata la relazione tra impatti (sull’ambiente, sulle risorse e sulla società) da una parte, e possibili variabili esplicative dall’altra. In questo articolo, esaminiamo e riassumiamo quegli studi che valutano olisticamente l’impatto delle attività umane, cioè nei quali gli impatti non sono limitati all’abitazione, alla città o al territorio in cui sono prodotti, ma vengono conteggiati indipendentemente. Tale sistema di valutazione viene generalmente definito “contabilità basata sul consumo“, o “impronta” (5).
L’attribuzione dell’impatto ambientale ai consumatori è coerente con l’osservazione che i consumatori sono i principali motori della produzione. Le loro decisioni di acquisto mettono in moto una serie di transazioni commerciali e di attività di produzione, che si articolano nelle complesse reti della catena di approvvigionamento internazionale (5). Tuttavia, l’attribuzione degli impatti ai consumatori non implica necessariamente la comprensione causale sistemica di quale attore debba essere ritenuto il più responsabile di tali impatti. La responsabilità può spettare al consumatore o ad un attore esterno, come lo stato, o alle relazioni strutturali tra attori.
Gli studiosi di consumo sostenibile hanno dimostrato che i consumatori hanno spesso scarso controllo sulle scelte dannose per l’ambiente che vengono compiute lungo le catene di approvvigionamento (6), nonostante abbiano normalmente il controllo iniziale sulla scelta di consumo. Mentre nell’economia di tipo keynesiano è la domanda dei consumatori che guida la produzione, l’economia politica marxiana e la sociologia ambientale considerano l’economia dominata dall’offerta (7). In questo documento, poniamo l’accento sulla misura degli impatti ambientali dei consumi, osservando che più attori ne sono responsabili.
Gli studi olistici sulle conseguenze ambientali o sociali dei consumi di solito comportano l’uso della valutazione del ciclo di vita o dell’analisi input-output che non tengono conto solo delle conseguenze dirette (in loco, all’interno del territorio), ma includono anche gli impatti indiretti che si verificano a livello globale e catene di approvvigionamento complete (8,9). L’uso di tali metodi è importante, poiché la mancata rilevazione dell’esternalizzazione di impatti indiretti (detti anche fuoriuscite o perdite) ha il potenziale per minare seriamente gli sforzi globali di abbattimento ambientale, ad es. sul cambiamento climatico (10).
- Articolo inviato da Marco di Martino Russo ad MDF-Padova.
Wiedmann, T., Lenzen, M., Keyßer, L.T. et al. Scientists’ warning on affluence. Nat Commun11, 3107 (2020).
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